Argomenti Correlati |
---|
Indice | Sull'origine della vita | Il simile dal simile |
I problemi legati alla vita sono 3:
La scoperta di
Watson e Crick dà risposta al secondo quesito proponendo un sistema di passaggio dell'informazione
valido e comprovato.
Il problema dell'origine, invece, non ha ancora una soluzione definitiva,
ma esistono e sono esistite diverse ipotesi che si raccolgono in due grandi insiemi: quello della teoria
ESOGENA e quello della teoria ENDOGENA dell'origine della vita.
La teoria ESOGENA illustra un
universo pieno di vita, noi siamo una delle tante forme che essa può assumere ed ha assunto nel cosmo.
La vita sulla terra è quindi arrivata grazie ad un residuo di cometa o ad un meteorite, all'interno del
quale un qualche organismo semplice e resistente è sopravvissuto per popolare il nostro mondo.
Questa teoria è detta PANSPERMIA e trova tra i suoi sostenitori il nostro Crick.
La teoria ENDOGENA,
invece, vede la terra come l'unico pianeta
ove la vita si sia formata: siamo quindi soli nell'universo.
Entrambe le teorie, in ogni caso, non
rispondono alla domanda principale, ovvero come si passa dagli aminoacidi/proteine alla creazione di
una struttura in cui l'informazione passa da una generazione altra (ovvero ad una struttura capace di
duplicarsi: il DNA).
Noi adesso sappiamo come il DNA si duplica, ovvero conosciamo come
l'informazione si trasmette dalla cellula madre alle cellule figlie; ma quest'informazione da dove viene,
come si è determinata per la prima volta? Qual è l'anello iniziale di questa catena di duplicazioni?
A questa domanda si è cercato di rispondere fin dalle prime età dell'uomo:
Aristotele pensava che la vita fosse
eterna e quindi fuori da un'evoluzione temporale, per lui il problema della nascita non si poneva, semplicemente
tutto era sempre stato così com'è;
per i credenti è Dio che crea la vita ed ecco così risolto il mistero
della prima informazione;
per gli atomisti/meccanicisti la vita nasce
dalla materia che si struttura in particolare modo da dare origine alla vita (grazie ad una deviazione
del flusso degli atomi);
per gli animisti è l'anima l'informazione che passa da un essere vivente all'altro, un momento dell'anima
stessa che si prolunga nel nuovo essere.
Il problema della vita non può prescindere certo dalla
pubblicazione del 1859 dell' "Origine delle specie" di Darwin. La teoria darwiniana dell'evoluzione, con integrazioni e correzioni,
è un caposaldo accettato ormai quasi
universalmente dal mondo scientifico. Darwin dà una risposta a quello che è il terzo quesito, ovvero come
la vita varia, si evolve fino ad arrivare alla ricchezza di forme cui assistiamo oggi. È l'adattamento,
la selezione naturale che spinge la vita a prendere una forma piuttosto che l'altra.
L'unico
quesito risolto resta comunque il secondo, andiamo a vedere quindi qual'è stata la storia che ha portato
alla scoperta del 1953.
Il cammino è stato lento e la ricerca è stata impostata già da
Aristotele che ha tracciato la via ponendo il problema: come il modello, l'idea, passa da un essere vivente all'altro
nel meccanismo di riproduzione?
La ricerca era definita, ma fino al 1800 la risposta veniva
cercata nel campo del visibile, ovvero in una qualche struttura del corpo umano che avrebbe dovuto
passare dal padre al figlio. Si pensava che la materia del corpo generasse una miniatura di se
stesso che, una volta messa nelle giuste condizioni, si sarebbe soltanto accresciuta per perpetuare
la specie. Accanto a questa visione c'era quella per cui non era la materia, ma l'anima che creava
una copia di se stessa.
L'idea che la soluzione fosse a livello cellulare arriva
soltanto dopo l'introduzione del microscopio, alla fine del 1600. Si apre alla scienza il mondo
dell'infinitamente piccolo, che viene interpretato di primo acchito come un mondo di organismi
miniaturizzati, ovvero di microrganismi. La cellula stessa, riscoperta adesso in tessuti animali,
viene scambiata per un organismo per quanto piccolo. Non c'è ancora l'idea che essa possa essere
il mattone della vita,
quello che
l'atomo è per la materia. Senza questa consapevolezza la ricerca ha come oggetto un essere
in sé completo ed identico a quello che lo genera: una miniatura. Così Leeuwenhoek
(microscopista olandese di quegli anni) individua lo spermatozoo come il micro-uomo che
non ha bisogno che di svilupparsi per diventare un essere umano completo. Addirittura in
alcuni disegni individua anche gli occhi, il naso ecc..
Spallanzani, che osserva invece la cellula uovo femminile e che ritiene
lo spermatozoo un inutile parassita propone proprio l'uovo come punto di
partenza della generazione umana (necessario e sufficiente a questa: l'uomo è solo un dispositivo
di starter in questa visione, come la donna era un mero contenitore nell'altra). Spallanzani
individua anche il nucleo della cellula, ma la sua scoperta non può dar frutti immediati.
Solo agli inizi del 1900 si arriva a determinare che la trasmissione avviene attraverso l'uovo
fecondato e che quindi l'informazione che passa è contenuta sia nello sperma che nell'uovo.
Adesso si comincia a capire che è nella cellula che è contenuta l'informazione e più precisamente nel suo nucleo.
All'interno del nucleo si cominciano, con l'affinamento degli strumenti, ad individuare i
filamenti dei CROMOSOMI e si comincia a ipotizzare che l'informazione sia in essi contenuta
sottoforma di GENI.. Siamo vicini al 1953: il costituente principale dei geni è un acido,
il DNA e nel DNA e nella sua particolare struttura deve essere contenuto il segreto della
duplicazione della vita. Individuare la struttura sarà il compito di varie squadre di scienziati,
ma saranno Watson e Crick a dare la soluzione definitiva.