La vera differenza |
Individuandola come aggettivo sostantivato la parola virtuale ha acquistato negli ultimi anni
una molteplicità di significati indeterminati. Vaghi. A tal punto da diventare in alcuni casi
persino il sinonimo di "vago".
E' in tal senso diventata un "luogo comune" che tende a definire in quanto "falsa", o vaga ,appunto, la condizione immateriale propria dell'elettronica. Un modo per generalizzare a proposito della "finzione" delle interpretazioni del mondo prodotte dai nuovi sistemi di comunicazione digitale. Si tende cioè a contrapporre il "virtuale" al "reale" in una dicotomia talmente generica da disorientare chi cerca un possibile rapporto con tecnologie inscritte di fatto nel corso evolutivo dell'uomo. Secondo quell'approccio generico la Società dell'Informazione già viziata dalla pervasività del massmedia televisivo crea una falsa coscienza della realtà. Ma va detto con chiarezza: definire "virtuale" questa fenomenologia è improprio. O perlomeno è da riferire all'uso libero delle parole che generano luogo comune. L'origine della parola virtuale , senza dover necessariamente andare a scavare nelle sue radici etimologiche, va comunque cercata in quel fenomeno dell'avanzamento tecnologico chiamato "Realtà Virtuale". Già il fatto che questa parola sia un ossimoro pone di fronte ad una complessità ben più che semantica: "gnoseologica" potremmo dire. Ci invita infatti a riconfiguare le teorie della conoscenza attraverso un rapporto inedito tra soggetto ed oggetto, tra noi e il mondo esterno. Il fatto stesso di accogliere l'istanza di una realtà "parallela", virtuale, tende infatti a scardinare molte certezze scientifiche mettendole di fronte ad aspetti considerati fino ad ora metafisici. E' qui che è possibile trovare la chiave per affrontare in momenti cultuali la riflessione aperta agli sviluppi più avanzati di un concetto nuovo come quello di "virtuale". il punto è quindi nell'interrogarsi sulla necessità di una riconfigurazione degli assetti culturali e psicologici che l'uomo si è costruito a misura per garantirsi una soddisfacente interpretazione del mondo. Il virtuale offre un "nuovo paradigma" per rivedere molte di quelle teorie e pratiche su cui si è fondata l'esperienza umana. L'avvento della virtualità digitale può infatti essere vista come una nuova "chiave di violino" da porre davanti al pentagramma evolutivo, cambiando tutto, o quasi, di registro Internet |
L'universo del virtuale, però, ha soprattutto altre connotazioni: esso è democratico (ognuno di noi può
esprimersi in Internet), libero (malgrado si stia da tempo preannunciando una severa censura), comunicativo.
Sì perché in Internet si può davvero comunicare e questa comunicazione è reale più di quanto non lo sia quella con l'amico che, fisicamente presente a cena insieme a me, parla al suo cellulare. Internet può mettere in contatto persone con interessi comuni che, legati a vincoli spazio temporali, non si sarebbero mai conosciute, non avrebbero mai comunicato. Il reale, invece, spesso risulta pieno di indifferenza, di insensibilità, di infiniti segni infinitamente ripetuti senza alcun significato; questo reale è già virtuale senza bisogno di una "rete", perché la nostra esistenza in esso non è più "autentica", ma tristemente "banale", come ci ricorda Heidegger. È l'autenticità della comunicazione con gli altri che ci rende e ci fa sentire "veri" ed è questo che sancisce, infine, la vera differenza fra reale e virtuale. Autenticità che forse risulta impossibile costruire alla luce delle convenzioni e dei ritmi, dei valori imposti da questa società e che, quindi, possiamo cercare nella "rete", come fosse un mondo libero da tutti quei vincoli che prosciugano la creatività umana. |
... virtuale non è il contrario di reale: un oggetto virtuale non è
qualcosa di inesistente; ciò che è virtuale esiste senza esser
là, esiste senza avere, perciò, delle coordinate
spazio-temporali precise. Si può fare un esempio molto semplice: la parola 'albero' o la parola 'virtuale', non si può dire dove siano. Sono nella lingua, ma dov'è la lingua? E' in uno spazio virtuale. Pierre Levy, Internet La mia opinione è che tutti noi, che usiamo la Rete come mezzo per far vivere le nostre idee, dovremmo abituarci all'idea del virtuale come ontologicamente reale, come, del resto, ci siamo già abituati all'esistenza ed alla vitalità delle nostre idee, che io considero reali, sebbene siano fisicamente supportate da un cervello. Il virtuale, nel bene e nel male, ha conquistato una realtà ontologica che poche cose nella storia hanno saputo conquistare. it.cultura.filosofia le comunità telematiche sono luoghi dove si svolgono attività di lavoro, di relazione e di ricerca assolutamente "vere" e sempre più importanti. Le chiamiamo virtuali per semplice convenzione linguistica ma la loro entità, pur essendo priva della fisicità corporea che molti ancora considerano requisito fondamentale di qualsiasi forma di collettività umana, possiede e rivela eccezionali attitudini alla concretezza. Internet Con la cibercultura si esprime l'aspirazione alla costruzione di un legame sociale, che non sia fondato né su appartenenze territoriali, né su relazioni istituzionali, né su rapporti di potere, ma sul radunarsi intorno a centri di interesse comuni, sul gioco, sulla condivisione del sapere, sull'apprendimento cooperativo, su processi aperti di collaborazione. Pierre Lévy Il formidabile sviluppo delle comunicazioni e degli scambi attraverso la rete piuttosto che intaccare la sfera dei rapporti umani l'ha, a mio parere, incrementata. Sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Un altro luogo comune da sfatare, infatti, riguarda la qualità delle relazioni umane intrattenute nel ciberspazio, che non sono assolutamente fredde e impersonali, come si è portati a credere, a causa dell'utilizzo del computer. E nemmeno deresponsabilizzanti, come la possibilità di nascondersi nell'anonimato potrebbe far pensare. Aldo Carotenuto |
a cura di M.M.
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