Il tema Nietzsche e il dionisiaco, compendio di tutta la sua filosofia, è stato quasi sempre trattato con pochissimi riferimenti alla sua vita e senza alcun riferimento alla vita di ognuno di noi. Io tenterò di vedere se la diagnosi e la terapia fatta da N. alla società del suo tempo possono ancora valere per gli uomini del nostro tempo. Si tratta di capire se certi "disturbi della personalità" oggi assai diffusi, come le "proiezioni per identificazioni", da cui scaturisce l'invidia possono trovare nella filosofia dionisiaca di N. il loro psicoterapeuta. Non è possibile spiegare che cosa è il diosiniaco. E’ indefinibile. Per percepirlo ci vuole una specie di sesto senso. E' uno stato d’animo melanconico-tragico con sentimenti ambivalenti, sorretto dalla volontà di potenza e legato all'amor fati. Il dionisiaco è’ qualcosa di più e di diverso dalla libido freudiana. Scaturisce dall’inconscio. E’ l’inconscio coscio, il sentimento dell’inconscio. La posizione dionisiaca verso l’esistenza è per Nietzsche lo stato più alto che un filosofo possa raggiungere. Dionisiaco è l’uomo profondo nella superficie. E’ l’uomo che supera gli ostacoli. E’ l’uomo che comprende tutto e tutti. E’ l'eterno ritorno. Dionisiaco è colui che smaschera tutte le falsità presenti nelle cose. In N. non vi è come in Freud l’esigenza di trasformare l’inconscio in coscio, facendone rivivere il passato attraverso la regressione. Il problema di Nietzsche, il cui inconscio è più profondo di quello di Freud, è quello di giungere al sentimento dell’inconscio, non per ricordarne i contenuti e riviverne gli eventi analizzandoli, ma al contrario per dimenticarli, e perciò per liberarsi dal passato e vivere in maniera dionisiaca il presente. Da qui l’importanza e la funzione terapeutica che acquistano l’oblio e l’inconscio i quali ci consentono di vivere in modo gaio. L’uomo diventa dionisiaco dopo avere superato due grandi ostacoli. Primo ostacolo è il sapere (che è un sapere saputo, confezionato) che toglie all’uomo la libertà e lo priva dell’allegria rendendolo infelice. Il sapere è malattia, malattia è il pensare stesso. N. amava immaginarsi che un giorno potessero bruciare tutti i libri delle biblioteche "aut liberi aut libri" sosteneva. (Frammenti 87-88 pag. 396). L’ostacolo del sapere si supera attraverso l’oblio, dimenticanza attiva che consente di creare un sapere emotivo e di vivere nel presente con gioia. L’uomo dionisiaco è un ex sapiente. Ex sapiente si definiva N. stesso. Secondo ostacolo è la morale borghese cristiana, l’uomo pretesco, invidioso, cattivo, vendicativo, l’uomo del risentimento. Senza questi ostacoli da superare è impossibile essere dionisiaci (Umano troppo umano pag. 325). "Gli ostacoli sono necessari per produrre il genio" (Umano troppo Umano pag. 325)". Il genio di Nietzsche sta nello smascheramento e nel superamento di tutto ciò che ostacola l’affermazione della vita e l’amicizia dionisiaca fra gli uomini. All’amore del prossimo che Zarathrustra definisce come cattivo amore per se stessi, il superuomo sostituisce l’amicizia dionisiaca. "Io non vi insegno il prossimo – scrive Nietzsche in "Così parlò Zarathrustra" - ma l’amico che crea, che sempre ha da donare un mondo compiuto". All’altruismo del falso amore il super uomo sostituisce il sano egoismo dell’amicizia. Nel falso altruismo c’è il "tu devi" del cammello, gli scompensi emotivi, l’invidia, la gelosia, il risentimento. Nel sano egoismo "l'io sono del fanciullo". E poiché l’amico dionisiaco ha dentro un mondo compiuto e non ha bisogno di compensazione, è capace di vivere autenticamente, fedele a se stesso, nella dimensione dionisiaca. La vita dionisiaca è la consapevolezza della volontà di potenza. In tutto quanto l’organismo c’è un costante superamento di innumerevoli ostacoli. Questo senso di vittoria, affiora alla coscienza come sentimento totale, come libertà, come allegria, come dionisiaco. La coscienza, dunque, per Nietzsche è una specie di ostacolo che va superato. Così la coscienza sotto la spinta dell’inconscio diventa coscienza dell’inconscio. La coscienza è la menzogna, la cui conoscenza è necessaria per arrivare alla verità, ma chi pretende di avere scoperto la verità, prescindendo dalla menzogna è folle. Con l’amicizia dionisiaca scompaiono l’invidia, il risentimento, la colpa, l’incomprensione. Viene riscoperto il valore dell’innocenza, dell’ingenuità, della meraviglia. Nessuno è più scompensato. Nessuno ha più paura dell’altro. L’amico non tradisce più l’amico. Ognuno ha realizzato un mondo compiuto da donare all’altro. Giulio Cesare non sarebbe stato pugnalato dai suoi amici, che prima lo ammirarono, poi lo invidiarono e infine lo odiarono e lo uccisero, se questi fossero stati amici dionisiaci. Nietzsche in verità non voleva amici, perché vedeva in essi una limitazione alla sua libertà. Ma quando gli capitava di fare amicizia, li idealizzava e credeva di avere bisogno di loro. Poi dopo averli frequentati, rimaneva deluso, perché scopriva che avevano un modo di sentire, di vedere e di pensare assai diverso dal suo. Erano superficiali senza essere profondi, mentre lui era profondo nella superficialità. Illusione, delusione, smascheramento, liberazione sono tutti i momenti psicologici che attraversa Nietzsche con gli amici. Quello che Nietzsche dice della donna, "se vuoi allontanarti da una donna avvicinala" può benissimo valere per i suoi amici. Nell’allontanamento c’è la delusione ma insieme la liberazione, il superamento, la gioia. Le delusioni e le sofferenze del distacco degli amici venivano trasformate da N. in liberazione e gioia. Dunque amarezza e gioia. Nietzsche deve a queste delusioni la scoperta del dionisiaco del super uomo. La delusione in Nietzsche è fondamentale per capire come, attraverso essa, egli arriva alla liberazione, all’indipendenza e a sentire la potenza del dionisiaco, il senso tragico della esistenza. Nietzsche anche se si lamentava della solitudine amava star solo. Alle passeggiate, al bar era sempre solo. Non sopportava quelli che parlavano male delle persone che lui ammirava. Karl Schlechta, come è noto, aveva espulso alcune lettere di Nietzsche indirizzate alla sorella e ritoccate, per mettere in cattiva luce i suoi amici. Qui non si tratta di vedere chi dei suoi amici sia rimasto a lui fedele. Questa domanda ha già avuto risposta. Overbech e Peter Gast, anche se Anacleto Verrecchia su Overbech avanza delle riserve. Ma l'essere fedele non vuol dire avere capito N.. Con questo io non voglio dire che la scoperta di Schelecta non sia stata utile, ma che anche senza le lettere di Schelecta, ritenute manomesse dalla sorella di N., e basandosi solo sulle lettere non manomesse, viene sempre fuori che Nietzsche non ha avuto una buona intesa con i suoi amici. Nietzsche rompe l’amicizia con Erwin Rohde perché aveva disprezzato Ippolito Taine, che a sua volta aveva apprezzato le opere di Nietzsche; rompe l’amicizia con Gersdorff perché aveva parlato male della sua amica Signora Malvida Von Meysenburg. Rompe con Paul Ree: perché lo aveva preso in giro con Lou Salomè. Burckhardt rompe con Nietzsche perché non gli aveva capito il "caso Wagner" e la "Genealogia della morale", Wagner si allontanò da N. perché non gli era piaciuto "umano troppo umano". Karl Pestalozzi, che sta compiendo studi particolari sugli amici di Nietzsche, Sossio Giametta e Anacleto Verrecchia converranno sul fatto che nessuno degli amici di Nietzsche sia riuscito ad entrare nel mondo dionisiaco e perciò a capire Nietzsche. Lou Salomè anche se ha scritto un libro su N. che è piaciuto a tanti era come l'ha definita N. stesso una egoista felina, probabilmente erotomane, incapace di sentimenti e incapace di capire N.. La verità è che c'è stato un solo amico dionisiaco e questo era Federico Nietzsche. L’amicizia, se non è dionisiaca, può creare scompensi emotivi, reattività, invidia, risentimenti, colpe. Con l'amizia dionisiaca scompaiono le proiezioni per identificazioni, scompaiono i disturbi ossessivi. Ognuno si viene a trovare realizzato nella costruzione della propria strada e del proprio mondo. Non ci sarà più lo spirito emulativo e vendicativo. Si diventa superuomini. L’invidia nasce - scrive Nietzsche ("Umano troppo umano" pag. 371) quando uno è desideroso, ma non ha prospettive. L’invidioso è l’uomo senza prospettive oppure ne ha scarsissime da soddisfare il suo desiderio con lo scambio. Il fraintendimento degli scritti di N. era ed è inevitabile; è il suo destino. E non è escluso anzi è più che probabile che N. stesso avesse provato il sentimento dell'invidia, che sia stato geloso come dice Andre Gide di Gesù. Solo che Gide non ci dice del fatto che N. ha superato l'invidia, mostrando di non avere compreso il vero significato dell'uomo dionisiaco. E’ grazie al fraintendimento dei suoi lettori che Nietzsche scopre di essere un genio. Il fraintendimento, causa dell’allontanamento dei suoi amici, lo fa soffrire e gioire. Nietzsche doveva essere frainteso dai suoi amici e continua ad essere frainteso. Egli accetta il fraintendimento dei suoi lettori anzi lo vuole. Il non fraintendimento viene da lui respinto in quanto elimina la distanza tra quello che ha pensato lui e quello che ha pensato il lettore; in questo caso Nietzsche non sarebbe più Nietzsche cioè non sarebbe più un genio se fosse inteso dai suoi lettori. Senza il fraintendimento dei suoi pensieri non è possibile immaginarsi il dionisiaco. Ma il fraintendimento può generare il dionisiaco quando è accompagnato dalla coscienza del fraintendimento, dalla coscienza della volontà di potenza. Il fraintendimento è un presupposto fondamentale, ha a che fare con l’inconscio, è il caos, la coscienza dell’inconscio del proprio caos, che porta all’autointendimento, all’autocoscienza, al dionisiaco. Solo chi arriva ad avere coscienza del proprio inconscio, del proprio caos può dire di aver capito Nietzsche e di essere dionisiaco. E’ con la coscienza del fraintendimento "che si diventa ciò che si è" fanciulli dionisiaci, superuomini. Solo così Nietzsche non viene tradito ma capito. Pretendere di capire Nietzsche per altra via è impossibile. In un primo momento N. vorrebbe essere capito però quando si accorge che non è capito dice che è meglio non essere capito, perché solo così egli può misurare la distanza che lo separa tra quello che pensa lui e quello che pensano gli altri. Se fosse capito sarebbe uno che pensa come tutti gli altri. Ciononostante in una lettera indirizzata a Wagner ma non spedita N. scriveva : "sebbene oggi non conosca nessuno che condivida il mio modo di pensare, ho però l'impressione di non avere pensato come individuo, ma come collettività; ho la più strana sensazione di essere solo e di essere in molti. In questa bozza di lettera può sembrare che N. volesse mettere al servizio della collettività il suo pensiero, ma non è così. N. sottolinea l'importanza dell'ovvietà che investe la collettività e ne evidenzia la difficoltà, l'incapacità dei suo lettori ma anche di quelli che non lo leggono a riconoscere ciò che è ovvio proprio perché ciò che è ovvio è al di là del bene e del male. I suoi continui lamenti per l'incomprensione da parte dei suoi amici, se da un lato gli hanno procurato sofferenza facendolo apparire un decadente, un borghese (N. è stato anche un borghese, se non ricordo male lo ha sottolineato Anacleto Verrecchia nella "Catastrofe di N.") dall'altro lato lo hanno portato a diventare l'opposto di un decadente, un antiborghese. Tutto sommato un borghese mancato. N. ha capito che nella vita non c'è niente da capire. La vita, amava ripetere non è un argomento. E il logos è fraintendimento. N. non può, né deve, né vuole essere capito. Simboleggia il fraintendimento, il fraintendimento del proprio corpo. E' attraverso la coscienza dell'auto-fraintendimento che è possibile arrivare a mettere ordine nel proprio caos. Il problema, dunque, non è quello di capire N., ma come attraverso il fraintendimento di N., il lettore possa arrivare a capire se stesso. Sono ormai note le parole pronunciate da Freud su N., in uno dei suoi mercoledì psicanalitici a Vienna, ai primi del 900 "Nessuno ha mai conosciuto e conoscerà se stesso meglio di N.". In questo, forse, N. è più vicino a Socrate di quanto non appaia. L'accostamento di N. a Socrate, fatto da Alexander Nehamas, mi pare che si muova in questa direzione. La pretesa di volerlo capire è un falso pregiudizio morale. N. non è stato capito né dai suoi amici, né dai suoi nemici, né ieri, né oggi. Il fraintendimento è il suo destino. Il fraintendimento dei suoi scritti scaturisce dall'autofraintendimento dei suoi lettori i quali non si accorgono del fatto che il pensare e la filosofia sono il fraintendimento del proprio corpo. Da qui l'importanza che acquista per N. la consapevolezza dell'autofraintendimento condizione necessaria per potere mettere ordine nel proprio caos. * * * L’amicizia dionisiaca, è, dunque, per concludere, terapeutica in quanto guarisce l’uomo dall’invidia e dal risentimento e da tanti altri disturbi della personalità e lo porta ad avere la più profonda relazione con la pienezza dell’esistenza. Con la sua psicologia tragico dionisiaca Nietzsche ha anticipato e superato la psicanalisi e la psicoterapia. Alfredo Fallica |
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