1.
Questo numero di Telèma è dedicato a una delle conquiste più
rivoluzionarie che le nuove tecnologie digitali hanno messo a nostra
disposizione: la possibilità di utilizzare in ogni campo dell'agire umano le
attitudini mimetiche e il potere creativo della realtà virtuale. La riproduzione
artificiale del funzionamento fisiologico dei sensi e la modificazione delle
stesse capacità percettive che la natura e la cultura ci hanno conferito, perché
di questo si tratta, ormai consentono imprese pratiche e mentali fino a pochi
anni fa inimmaginabili. Chi ha ingegno, fantasia e destrezza nell'uso del
computer, e delle sue proiezioni multimediali, oggi è in grado di compiere
progettazioni e sperimentazioni del tutto innovative sia nella costruzione degli
oggetti di cui abbiamo (o crediamo di avere) bisogno per accrescere il nostro
benessere materiale, sia nel perfezionamento delle attitudini conoscitive,
psichiche ed estetiche attraverso le quali cerchiamo di comprendere noi stessi e
il mondo.
Tutto questo pone problemi etici e teorici molto seri, altera il
nostro rapporto con le leggi della fisica, attribuisce all'apparenza valori e
significati più forti di quelli con cui eravamo abituati a misurarci. E suscita,
ovviamente, apprensione e smarrimento in chi non sa rinunciare alle certezze
messe in discussione da queste novità. E' inevitabile, del resto, che quando si
profilano svolte radicali coloro i quali non vogliono staccarsi dalle proprie
rassicuranti abitudini e dai propri riferimenti tradizionali arrivino a negare
la stessa evidenza delle cose, proclamandole immutate anche se sono già
cambiate, piuttosto che mutare il proprio giudizio su di esse. Ma combattere
contro il tempo nell'illusione che, per fermarlo, basti lo scudo delle proprie
convinzioni stantie, non è soltanto un azzardo, è una fuga: al futuro ci si può
sottrarre soltanto rinnegando la vita.
2.
Chi leggerà le pagine della nostra monografia senza pregiudizi
fra ciò che vi è scritto e le proprie precedenti opinioni certamente si
convincerà che l'intrusione della realtà virtuale nella nostra esistenza è tanto
eversiva quanto imponente e inarrestabile. Alcuni autori ne sono più
profondamente persuasi di altri. Qualcuno ne è entusiasta, qualcun altro
spaventato. Molti si astengono dall'esprimere giudizi di valore sul significato
antropologico, e perciò anche metafisico, di questo fenomeno preferendo
descriverne pragmaticamente soltanto le caratteristiche effettuali. Ma nessuno
ne nega l'importanza. Dunque è unanime la consapevolezza che sia un evento
straordinario.
Che alla sua piena evoluzione corrisponderà, alla fine, un
miglioramento o un peggioramento della qualità della vita, è un tema di
discussione sempre aperto perché attiene a un dubbio, tuttora irrisolto, circa
il destino dell'umanità, e cioè se l'espansione senza limiti della tecnica sia
effettivamente un progresso o un regresso, o addirittura il passaggio verso una
forma alternativa di civiltà. Anche Telèma 16 affronta un così fondamentale
problema. E tuttavia abbiamo voluto dedicare maggiore spazio alla descrizione e
all'analisi dei molteplici effetti, che il ricorso agli strumenti della
virtualità artificiale ha già provocato. Dalle informazioni su ciò che è già
visibile e dalle previsioni ragionevoli di quanto è probabile, riteniamo che il
lettore attento potrà trarre elementi utili per una razionale, pacata e non
superficiale valutazione del mutamento in corso1.
3.
Per questa ricognizione siamo partiti da una domanda di
carattere generale posta a tutti i quaranta studiosi ed esperti che ci hanno
aiutato a compierla ("in che misura la rivoluzione telematica ha modificato il
rapporto fra finzione e realtà"?) e dalla richiesta, rivolta a ciascuno di essi,
di una esposizione o di una opinione su qualche specifico aspetto, concettuale o
empirico, di una tale modificazione. Nella prima parte della monografia ci è
sembrato necessario indicare subito, aggiornandole all'attuale contesto
tecnologico, le questioni di fondo, antiche e perenni, che gli uomini dotati di
intelligenza hanno sempre intravisto nel nesso fra ciò che normalmente viene
considerato reale e ciò che invece è, oppure sembra, illusorio. Sono le stesse
questioni messe in campo dal bisogno altrettanto umano di imparare a distinguere
il vero dal falso nella realtà, o meglio nelle realtà, in cui agli esseri umani
è dato, appunto, vivere.
Questa esigenza, da cui è reso più pressante il
desiderio di conoscere i limiti e le effettive capacità creative delle
esperienze virtuali, è presente anche se talvolta soltanto implicita in ogni
articolo che pubblichiamo. Ma sono soprattutto i testi introduttivi di Franco
Prattico, Tomas
Maldonado, Emilio Garroni,
Alberto
Abruzzese a mettere in evidenza le connotazioni filosofiche, sociali e
psicologiche con cui si manifestano le nuove tecnologie della comunicazione e
della riproduzione. Sarebbe del tutto arbitrario ridurre i loro pensieri a
un'enunciazione unitaria. è però riconoscibile in tutti la volontà di restituire
alla virtualità telematica la sua vera genealogia.
Contrariamente a quanto molti pensano, essa non si apre con l'avvento dell'elettronica e neppure con la comparsa delle prime macchine simulatrici. è coeva, infatti, alla stessa nascita del pensiero umano, da sempre costituito dalla ricostruzione mentale, intellettualmente mediata e rielaborata, di elementi provenienti dalla realtà esterna. Sono state teorie, modelli interpretativi, strutture linguistiche, astrazioni matematiche, rappresentazioni mitiche, artistiche e simboliche a dare forma e senso al mondo che ci circonda. Così come analoghi procedimenti altrettanto complessi ma più spontanei, e fino al secolo scorso pressoché ignorati, hanno impresso forma e senso, anch'essi da sempre, alla realtà psichica interna (fatta di desideri, sogni, fantasie, emozioni) nella quale ognuno rielabora e falsifica (o forse rende finalmente autentica) la "realtà concreta" con cui deve confrontarsi. Questa sintesi (e commistione) costante di reale e irreale, vero e finto, materiale e immateriale non è, insomma, il portato delle nuove tecnologie: è la connotazione originaria della nostra cultura. Telematica e informatica ne hanno accresciuto, e per certi versi reso più duttili e sofisticate, le potenzialità innovative. Con molti e rilevanti vantaggi, ma anche con qualche rischio.
4.
Fra i vantaggi c'è, senza dubbio, l'eccezionale sviluppo delle
facoltà umane e degli strumenti attraverso i quali possiamo comprendere meglio
il mondo, le leggi della natura, il nostro corpo, le sue capacità intellettuali
e sensoriali, e così pure possiamo penetrare in territori che la scienza non ha
ancora esplorato o di cui la tecnica non è stata capace di sfruttare
razionalmente le risorse. In questi campi (come ci dicono, ciascuno nella
materia di propria specifica competenza, Francesco
Antinucci, Domenico Parisi,
Andrea
Paoloni, Paolo
Talone, Daniel
J. Amit, Giovanni Maria
Pace) le simulazioni virtuali stanno rivelando una efficacia veramente
notevole. Con il vaglio delle verifiche umane imposte dalla fallibilità alla
quale neppure le macchine e i modelli più raffinati possono sottrarsi (Roberto Vacca)
ora è possibile realizzare ricerche, previsioni e progetti di assoluta
avanguardia. Analoghi e in alcuni casi ancora maggiori sono i successi
conseguiti nella modellistica applicativa (Roberto
Saracco), nella produzione industriale (Vittorio
Marchis), nella utilizzazione intelligente delle reti telematiche (Enrico
Pedemonte). In ognuno di questi ambiti, il bilancio è senz'altro attivo: il
ricorso alle tecnologie della simulazione paga, apre speranze. Comunque non
delude.
5.
Se è vero che la realtà virtuale è tutto questo e ancora di più
(una fonte di arricchimento intellettuale e sensoriale, progresso scientifico
tecnologico, svago e possibile via di fuga da noiose quotidianità) è altrettanto
vero che, per poter utilizzare le sue abilità e i suoi artifici senza correre
rischi, chi se ne serve deve conservare intatta la propria capacità di
distinguere sempre ciò che è immaginario da ciò che non lo è. La vita non è un
videogame perpetuo, né un film. Nella invenzione cinematografica un grande
regista può riuscire a far credere autentica quella che è soltanto una magnifica
illusione o mostrare immagini reali che gli occhi non sanno vedere (Virgilio Tosi), ed
essere anche capace di dimostrare che la vita più vera si svela soltanto
all'incrocio fra la cronaca della realtà e il racconto della sua finzione (Pietro Montani).
Ma se il bisogno di concretezza si avverte perfino di fronte a un'opera d'arte
(Gillo
Dorfles, Antonio
Paolucci), a maggior ragione è indispensabile che anche chi sente spesso il
bisogno di isolarsi nell'irrealtà del virtuale, poco importa se telematico o
psichico, non si dimentichi mai (Aldo
Carotenuto) che la realtà "vera" lo aspetta, e perciò deve saperla
accettare. Altrimenti inganna se stesso.
6.
Non sarebbe un inganno, invece, ma corrisponderebbe ugualmente
a una fuoruscita dal mondo, il ricorso a esperienze mistiche alle quali potremmo
accedere, secondo Elémire Zolla,
non appena gli apparati virtuali riusciranno a riprodurre visioni, percezioni e
atmosfere del tutto identiche a quelle naturali. A suo avviso (un avviso
essenziale al nostro dibattito data la lungimirante, coraggiosa e solitaria
attenzione di Zolla per questi temi di frontiera), nella società telematica il
desiderio di estasi presto diventerà primario. Va detto che da qualche tempo
queste premonizioni trovano credito e ascolto sempre meno elitari. è un segnale
interessante, di inquietudine.
Nella scala degli scambi di ruolo fra vero e
falso sono più diffusi, ma proprio per questo forse più fuorvianti, quelli che
avvengono nel mondo dei mass media. Ne hanno scritto Remo Bodei (la
politica spettacolo), Marshall Blonsky
e Edmundo
Desnoes (le top model al potere), e Jader
Jacobelli (ci salverà la televisione?). Soprattutto qui, nel mondo
dell'informazione, dell'intrattenimento e della moda, è più difficile che
altrove separare il valore autentico da quello che è soltanto apparenza e
perciò, almeno potenzialmente, frode. Si tratta di insidie che non vanno
minimizzate, perché possono propagare gravi mistificazioni.
Ma è sbagliato
dedurne, come fanno troppi inconsapevoli misoneisti, che tutta la virtualità sia
un inganno. è senz'altro una grande sfida, che ciascuno di noi dovrà affrontare
con il carattere, l'intelligenza e la cultura che gli sono propri. Dunque (come
suggeriscono anche altri sedici intellettuali intervistati da Andrea
Scazzola) con disincanto, resistenza o accettazione di diversa intensità.
Noi siamo convinti che sarebbe sensato predisporsi a questa prova senza
sgomento, consapevoli che ci imbatteremo nello stupore, non necessariamente
nella paura. Del resto, non sono stati il saggio Platone2, quasi
duemilacinquecento anni fa, e più di recente il razionale Cartesio3 a
indicarci come unica via per la conquista del vero sapere la dematerializzazione
della realtà e la liberazione degli uomini dal peso della propria forma
corporea?
7.
Mentre queste pagine stanno per essere stampate, nei Balcani è
ancora in corso un'altra guerra che ripropone orrori di cui soltanto un ottuso
storicismo progressista aveva annunciato la scomparsa. Di fronte a questa
rinnovata conferma del persistente disprezzo, nel cuore della stessa Europa, nei
confronti del diritto alla vita e alla libertà degli uomini, potrebbe apparire
inopportuna l'attenzione verso interessi non altrettanto fondamentali. Ma non è
così: neppure l'emergenza più drammatica può giustificare la sospensione di
altri diritti. Perciò non ci sembra affatto futile la pubblicazione nella
seconda sezione di Telèma di una grande inchiesta, introdotta per massima
competenza da Stefano Rodotà,
sul diritto alla privacy. è un diritto che anche nella società dell'informazione
globale, indiscreta e invadente, resta un bene da tutelare, perché attiene
anch'esso a un valore altissimo: la dignità della persona.
Note
1 Per le rilevanti conseguenze che la virtualità sta già provocando nelle attività economiche e nelle operazioni finanziarie, rinviamo il lettore ai numeri 5 (Economia, telematica, finanza e mercati), 11 (Globalizzazione, rischi e opportunità) e 13 (Il mondo è diverso, cambiano impresa e lavoro).
2 «Fino a quando noi possediamo il corpo e la nostra anima resta invischiata in un male siffatto, noi non raggiungeremo mai in modo adeguato ciò che ardentemente desideriamo, vale a dire la verità. Pertanto, nel tempo in cui siamo in vita, come sembra noi ci avvicineremo tanto più al sapere quanto meno avremo relazioni col corpo e comunione con esso». Platone, Fedone, 66B.
3 «Che cosa sono
io? Una cosa che pensa. E che cos'è una cosa che pensa? E' una cosa che dubita,
che concepisce, che afferma, che nega, che vuole, che non vuole, che immagina
anche, e che sente; e siccome ora so che noi non concepiamo i corpi se non per
mezzo della facoltà di intendere che è in noi, e non per l'immaginazione, né per
i sensi; e che non li conosciamo per il fatto che li vediamo o li tocchiamo, ma
soltanto per il fatto che li concepiamo per mezzo del pensiero, io conosco
evidentemente che non v'è nulla che mi sia più facile a conoscere del mio
spirito». Cartesio, Meditazioni metafisiche, 48.