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Jaspers, Karl

Filosofo esistenzialista tedesco (Oldenburg 1883-Basilea 1969). Compì i suoi studi universitari dedicandosi alla medicina, ma interessandosi nel contempo alla filosofia. Frutto della sua attività scientifica nel campo della psicologia è la Allgemeine Psychopathologie (1913; Psicopatologia generale). Nel 1921 conseguì a Heidelberg la cattedra di filosofia. Su Kierkegaard e Nietzsche approfondì il problema dell'esistenza che già gli pareva fondamentale e originario. Ma gli furono anche familiari i grandi filosofi della tradizione speculativa: Platone, Plotino, Cusano, Bruno, Spinoza, Kant, Schelling, Hegel. Nel 1932 pubblicò la sua prima opera fondamentale: Philosophie in tre volumi. Seguirono raccolte di conferenze e dei lavori su Weber, Nietzsche e Cartesio. Avverso al nazismo, durante la guerra riparò in Svizzera. Nel 1948 pubblicò Der philosophische Glaube (La fede filosofica), serie di conferenze importante per comprendere l'ultimo suo pensiero, e Von der Warheit (Sulla verità), primo volume della Philosophische Logik, opera di sistemazione e rielaborazione della sua attività precedente. Altre opere: Vom Ursprung und Ziel der Geschichte (1949; Origine e fine della storia); Einführung in die Philosophie (1950; Introduzione alla filosofia). Nel 1957 il primo volume di un'opera in tre tomi dedicata al pensiero dei grandi filosofi: Die grossen Philosophen (I grandi filosofi). Nel 1962: Der philosophische Glaube angesichts der Offenbarung (La fede filosofica di fronte alla Rivelazione). Il pensiero di Jaspers è anzitutto reazione allo scientismo: la conoscenza scientifica delle cose non è conoscenza dell'essere e non è in grado di offrire nessuna direzione alla vita. Se la filosofia non è scienza in modo radicale, essa è allora inizialmente pura problematicità singolare e soggettiva. Filosofare è cercare la partecipazione del singolo esserci (Dasein) all'essere (Sein). Tale rapporto è la possibilità dell'esistenza, per cui l'essere che è trascendenza assoluta rispetto alla singola situazione rappresenta nella sua integrità il mio essere. Tale è la dialettica della filosofia dell'esistenza secondo Jaspers, tesa verso una possibilità che è allo stesso tempo, in quanto resta trascendenza, orizzonte irraggiungibile. La comunicazione non è quindi possibile come presentazione di un sapere oggettivo e astratto, ma solo come apertura personale all'altro che riconosce nel limite il contrassegno della situazione concreta dell'esistenza. La verità è inoggettivabile: è l'essere che comprende soggettività e oggettività. Per un verso è onnicomprensività, per l'altro è totale trascendenza rispetto alla situazione concreta. L'essere è totalità infinita, non quindi somma totale degli aspetti finiti. Per cui ogni chiusura, ogni involucro, ogni pretesa sintesi deve essere sorpassata in un'inesauribile possibilità. L'immagine totale del mondo non è il mondo stesso, ma un punto di vista singolare nel mondo. Il mondo resta sempre come orizzonte trascendente. Nell'uomo è essenziale e costitutiva la presenza dell'alterità, l'esperienza della trascendenza, e questa non è accertata dalla filosofia sulla base della Rivelazione, ma sulla base della sua relazione con l'esistenza stessa. Sul fondamento della trascendenza dell'essere Jaspers ha sviluppato il concetto di cifra. Il senso della trascendenza è mistero dell'essere, per cui ogni riconoscimento è mera cifra dell'essere nel mondo. La cifra è un consegnarsi e un ritrarsi, è molteplicità di significati che comportano anche la contraddizione, nella quale l'essere è segnato ma non compreso. La manifestazione della trascendenza in quanto essa si manifesta come tale è connessa con lo scacco e il naufragio. Ma il naufragio è naufragio del mondo, esigenza di essere autentico e di obbedienza alla trascendenza. L'uomo nella filosofia di Jaspers è tenuto in sospeso con il continuo superamento di ogni determinazione oggettiva, e l'appello a una possibilità radicata nella trascendenza che non si definisce mai per la sua stessa natura ed è quindi un termine irraggiungibile.


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